La memoria non è un cloud, qualcosa di irreale, solo pensato; quando risali la piccola ma ripida salita che dal parcheggio porta al Museo della Resistenza alla Costa Carpasio, poco più di 25 chilometri da Sanremo, tra boschi, prati e silenzi che si contendono il paesaggio con gli uliveti più alti, ti rendi conto che la memoria è questa piccola casa di pietra e quello che contiene.
Lo scoprono ogni anno centinaia di bambini e ragazzi delle scuole di tutto l’imperiese – il Museo è aperto da aprile a ottobre, il sabato e la domenica, negli altri giorni su appuntamento: nel 2016 le visite sono state 2000 e più – ma non solo loro. “Quest’anno è arrivato un gruppo di scout da Roma, che si sono accampati sulle fasce più in basso, interessatissimi a quello che c’è nel Museo e alle vicende vissute in questa zona” racconta Gabriella Campigotto, custode e guida del museo; tocca al marito Antonio, invece, guidare i visitatori dotati di buone gambe qualche centinaio di metri più avanti nel bosco, al Castagno dei Partigiani, un tronco cavo dove si potevano nascondere fino a cinque combattenti feriti o ammalati durante i rastrellamenti o le azioni. Ma lassù alla Costa, dove la cassette della posta nel piazzale rivelano che nelle case più in alto vivono solo famiglie straniere, tedeschi e olandesi in particolare, arrivano spesso anche visitatori dalla Germania: per capire, spiegano.

Il Museo è nato dall’impegno in prima persona di alcuni ex partigiani, a partire dall’infaticabile Carlo Trucco “Girasole”, che quasi 40 anni fa, avuta la disponibilità dell’ex casone che accolse il comando della prima zona Liguria, lo rimisero in sesto con domeniche di lavoro, tutto volontario. All’interno, fotografie, armi, mappe, oggetti, documenti; gli abiti dei partigiani e, acquisizione recente, una giacca a strisce di un ex internato, così com’è stata sistemata da poco la sedia della visita di Sandro Pertini, con il suo ritratto. E poi, la barella lacerata e insanguinata sulla quale Silvio Bonfante, il comandante “Cion”, già ferito, decise di suicidarsi piuttosto che farsi prendere prigioniero. E ancora libri, opuscoli, dvd e un grande schermo recentemente arrivato attraverso l’Anpi di Arma di Taggia; perché , di fatto, oltre all’impegno sempre più faticoso dell’Istituto Storico della Resistenza di Imperia guidato da Giovanni Rainisio, e dell’Anpi, solo le donazioni possono aiutare ad andare avanti. Un contributo della Compagnia Portuale Pietro Chiesa di Genova , simboleggiato dalla statuina del “carbuné” sistemata all’ingresso del museo, ha permesso quest’anno di risistemare il tetto e costruire la staccionata e la zona sosta e picnic, tutto realizzato da Antonio con il legno dei boschi della Valle Argentina. Al Museo i partigiani non mancano quasi mai, la domenica: “Girasole” in primo luogo, ma anche “Tatù” , che ha scelto di festeggiare qui i suoi 92 anni.
All’entrata una cassetta parla chiaro: senza un contributo, la passione non basta. E sì che, proprio di questi tempi in cui la memoria antifascista viene troppo spesso oltraggiata da nuvole oscure di frasi, atteggiamenti e azioni inaccettabili, un posto come questo dovrebbe essere al centro dell’attenzione di chi dice che non bisogna dimenticare. Certo, ma per farlo e per trasmettere la memoria, ci vuole l’impegno di tutti. Cominciando con una visita, un passaparola, e qualche banconota – se non di più – nella cassetta all’entrata del Museo. C’è tempo fino a fine ottobre, per quest’anno, e tra questi boschi si respira proprio un’altra aria.
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